Padova Jazz Festival 2021

Charles Lloyd

featuring Gerald Clayton, Reuben Rogers & Kendrick Scott

Charles Lloyd – sassofoni, flauto
Gerald Clayton – pianoforte
Reuben Rogers – contrabbasso
Kendrick Scott – batteria

Charles Lloyd sta vivendo una seconda giovinezza musicale: nelle sue performance degli ultimi anni si percepisce una vibrazione che pare l’eco della spiritualità coltraniana, all’interno di un jazz dalla matrice vigorosa e dallo slancio solistico decisamente anticonformista.
Ma riavvolgiamo il nastro: Lloyd nasce a Memphis nel 1938 e inizia a suonare il sax già all’età di nove anni. Suo primo mentore è Phineas Newborn, pianista tra i più stupefacenti (e non adeguatamente noti) della storia della musica afroamericana, che accoglie il giovane Charles nella sua band. Gli esordi sono comunque soprattutto nel giro del blues, quello giusto: appena dodicenne suona già al fianco di B. B. King, Howlin’ Wolf, Johnny Ace.
Dopo essersi trasferito in California (nel 1956) suona nell’orchestra di Gerald Wilson e, dal 1960 al ’63, in quella di Chico Hamilton, per il quale è anche direttore musicale e artefice di una virata dal jazz da camera a un vigoroso post-bop. Contemporaneamente guida uno dei suoi primi gruppi, con una line up da antologia del new jazz dell’epoca: Billy Higgins, Don Cherry, Bobby Hutcherson e Terry Trotter. Lloyd entra poi al servizio di uno dei gruppi di maggior successo degli anni Sessanta, quello di Cannonball Adderley. Nel 1966 si mette alla guida di un quartetto (con Keith Jarrett, Cecil McBee e Jack DeJohnette) che lo impone definitivamente all’attenzione generale: la miscela di bop, free e world music sfonda ben al di là del mondo del jazz (dal vivo la band condivide il palco con Jimi Hendrix, Janis Joplin, i Cream, i Grateful Dead…).
Nel 1970, dopo lo scioglimento di questo meraviglioso quartetto, Lloyd si ritira dalle scene jazzistiche. Per un intero decennio le sue apparizioni sono assai scarse e comunque principalmente concentrate nel mondo del rock: lo si può sentire coi Doors, i Canned Heat e, più frequentemente, coi Beach Boys.
Fu l’incontro con Michel Petrucciani, nel 1981, a spingere nuovamente Lloyd verso la pratica jazzistica in maniera sporadica e poi, dal 1989, con una rinnovata costanza unita a una ritrovata forza espressiva. L’etichetta ECM ha documentato questa nuova fase creativa di Lloyd, ancora saldamente legata alla sua esperienza degli anni Sessanta ma con un suono più brunito e sinuoso, che ha ulteriormente messo in risalto le sue strabilianti doti anche sui tempi più ariosi.

Foto
© Michele Giotto